La Prioria


La Prioria

La Prioria, ovvero la casa di “Frate Gabriel priore“, come amava definirsi, è la casa di Gabriele d’Annunzio, fulcro del Vittoriale.

Nel 1921 il poeta, reduce dall’Impresa di Fiume, chiese a amici e collaboratori di trovargli un luogo tranquillo dove potersi ritirare, magari nella zona del lago di Garda. Il segretario Tom Antongini trovò una villa colonica, chiamata Villa Cargnacco, a Gardone Riviera, immersa nel verde e nella tranquillità. La villa, un tempo di proprietà dello storico dell’arte Henry Thode, venne confiscata dallo stato italiano dopo lo scoppio della Grande Guerra. D’Annunzio ne rimase piacevolmente colpito e scelse dapprima di affittarla per sei mesi, per poi acquistarla e avviare così la costruzione del Vittoriale degli Italiani. Per garantirsi la tranquillità, acquisterà tra il 1921 e il 1935 altri terreni limitrofi che ora costituiscono il parco del Vittoriale.

L’immobile, da semplice casa colonica, verrà quindi trasformata grazie alla collaborazione dell’architetto Gian Carlo Maroni e di alcuni dei più famosi artisti dell’epoca: Guido Cadorin, Napoleone Martinuzzi, Guido Marussig, Pietro Chiesa, Renato Brozzi Mario Buccellati, Giacinto Bardetti e molti altri ancora.

Seguendo il gusto di  “tappezziere incomparabile” del poeta, la casa viene trasformata in “casa del priore” e ogni ambiente assume una valenza simbolica grazie alla presenza di oggetti, motti, citazioni e opere d’arte. L’atmosfera di sacralità che si respira all’interno è ampliata dalla scarsa illuminazione. Vetrate dipinte, finestre con pesanti tendaggi, luci soffuse nelle stanze, fanno della Prioria un luogo misterioso e suggestivo in cui il Poeta fotofobico poteva ben vivere. D’Annunzio pensò e realizzò la villa con grande minuzia di particolari creando stanze atte a vari momenti di vita nelle quali sono conservati circa 10.000 oggetti e 33.000 libri che si affiancano a frasi enigmatiche leggibili su architravi e camini, in un gioco continuo di rimandi simbolici.

Il poeta vivrà qui fino all’1 marzo 1938, giorno della sua morte.

“Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel senso che io voglio dare al mio stile”

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Il Vestibolo

Oltrepassata la porta d’ingresso, che reca sull’architrave la scritta “Clausura, fin che s’apra – Silentium, fin che parli“, si entra nel Vestibolo, uno spazio dal forte carattere mistico e sacrale, decorato con boiserie in legno e elementi di richiamo all’iconografia cristiana. Uno spazio di accoglienza, di benvenuto agli ospiti, come richiamato nella scritta “Te hospitio agresti accipiemus” dinnanzi all’ingresso.

 

 

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La Stanza del Mascheraio

Dal Vestibolo, proseguendo per il percorso di visita, si entra nella Stanza del Mascheraio, utilizzata dal poeta come stanza d’attesa per gli ospiti indesiderati. Il nome della stanza deriva dall’iscrizione in lettere dorate inserita sopra alla monumentale specchiera “Al visitatore: teco porti lo specchio di Narciso? Questo è piombato vetro, o mascheraio. Aggiusta le tue maschere al tuo viso. Ma pensa che sei vetro contro acciaio“. Un monito dunque, rivolto a ogni estraneo che intenda penetrare con supponenza nella Prioria.

 

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La Stanza della Musica

La Stanza della Musica, iniziata nel 1926 ma completata solo nel 1929, è una delle stanze più affascinanti della Prioria. L’atmosfera unica, creata da drappi di seta, ricami in lamé, cordoni dorati, bronzi, vetri di murano, è anche ricca di rimandi simbolici e figurativi. Il tema principale è il ruolo salvifico della musica ed è chiaramente visibile nella presenza di strumenti musicali (due pianoforti, un violino, una tiorba) e nella presenza al centro della stanza di cinque colonne lignee di diversa altezza a trasfigurare il ritmo musicale scandito e ripreso da altre sette colonne marmoree. Qui il poeta era solito riunire il Quartetto Veneziano del Vittoriale insieme a Luisa Baccara. Dalla finestra di questa stanza, nel 1922, d’Annunzio cadde in quello che poi definì “il volo dell’arcangelo”, riportando una ferita alla testa.

 

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La Stanza della Mappamondo

Proseguendo lungo il percorso museale, si accede alla Stanza del Mappamondo, così chiamata per la presenza del grande mappamondo appartenuto al precedente proprietario Henry Thode. La stanza, oltre a contenere gran parte della biblioteca d’arte Thode, fungeva da cenacolo per gli ospiti particolari come artisti, editori e scrittori. In questa stanza d’Annunzio rende omaggio alle figure a lui particolarmente care, come quelle di Dante e di Napoleone.

 

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La Zambracca

A separare la Stanza del Mappamondo dalla camera da letto è la Zambracca, spogliatoio e anticamera, un piccolo spazio con tappezzeria damascata verde che avvolge la scrivania sulla quale d’Annunzio scriveva e dove, negli ultimi anni, consumava pasti frugali. Qui fu rinvenuto morto per emorragia celebrale la sera dell’1 marzo 1938.

 

 

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La Stanza della Leda

Genio et voluptati“, ossia “Al genio e al piacere”, si legge prima di entrare nella stanza da letto di Gabriele d’Annunzio, chiamata Stanza della Leda in onore di una scultura in gesso inserita nella nicchia di fronte al letto. In questa stanza d’Annunzio volle ricreare un’atmosfera di sensualità, con numerosi rimandi a un erotismo di fantasia, inserendo sculture priapesche in argento e bronzo, evocazioni classiche legate agli sdilinquimenti erotici, e una copia del Prigione morente di Michelangelo.

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La veranda dell’Apollino

La veranda dell’Apollino, adiacente alla Stanza della Leda, è stata creata dall’architettto Gian Carlo Maroni perché non entrasse luce diretta nella camera da letto. Qui d’Annunzio sostava per leggere e sbrigare la corrispondenza, specialmente quella amorosa, nello scrittoio posto dietro al paravento.

 

 

 

 

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Il Bagno blu

Il Bagno blu è uno dei luoghi più celebrati della Prioria per la compresenza, in uno spazio molto piccolo, di circa 850 oggetti. Questa stanza è una chiara dimostrazione dell’eccentricità e dell’eccezionalità dell’arredo dannunziano rispetto alle direttive del gusto a lui contemporaneo.  Il bagno, impostato alla francese, presenta sanitari dalle forme modernissime, resi ancor più unici dalla colorazione blu oltremarino, voluto dal poeta. Sulle pareti, un tripudio di piastrelle in maiolica di area persiana, sia monocrome che policrome, arricchiscono l’ambiente con colori e illustrazioni.

 

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La Stanza del Lebbroso

La Stanza del Lebbroso venne realizzata su richiesta del poeta come un sacrario privato, che racchiude le linee guida del suo pensiero nella fase finale della vita. Qui d’Annunzio si ritirava in meditazione per gli anniversari della morte della madre, di Eleonora Duse, e degli amici. Il letto, stretto come una bara, ma dalle forme evocanti una culla, unisce i concetti di nascita e di morte. Proprio qui il corpo del poeta venne collocato la notte tra l’1 e il 2 marzo 1938 per la veglia funebre privata.

 

 

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Corridoio della via Crucis

Il Corridoio della via Crucis corrisponde all’originale ballatoio della Villa di Cargnacco. Il nome di questo corridoio deriva dalla presenza di una serie di pannelli narranti le stazioni della Via Crucis, realizzati da Giuseppe Guidi. Nell’angolo è presente il calco di un Piagnone, copia di quelli della tomba di Philippe Pot, a Parigi.

 

 

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La Stanza delle Reliquie

Nella Stanza delle Reliquie, accessibile dal Corridoio della Via Crucis, il poeta rivela la sua idea del sacro e dei sette vizi capitali. Qui infatti vengono collocati una serie di oggetti legati al tema religioso ma anche a imprese eroiche: il vessillo in seta rossa della Reggenza Italiana del Carnaro posto sul soffitto, il volante deformato del motoscafo di Henry Segrave, morto nel tentativo di superare il record di velocità, e la teca contenente fili di seta dorati che ricordano i capelli biondi di Santa Chiara ne sono un esempio.

 

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La cucina

La cucina era il regno della cuoca Albina Becevello, al servizio del poeta fin dai tempi di Venezia, soprannominata Suor Intingola, ma anche Suor Ghiottizia e Suor Cuciniera. Questo spazio si distingue dagli altri ambienti della casa per la luce e per la semplicità nell’arredo. Era infatti uno spazio di lavoro, ma disponeva di utensili rari per l’epoca come una ghiacciaia e un frigorifero elettrico.

 

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La Ritirata delle Marionette

Un altro luogo di servizio della Prioria era la Ritirata delle Marionette, un piccolo ambiente dotato di guardaroba e di un salotto da toeletta. Il nome della stanza deriva dalla presenza di tre marionette veneziane del XVIII secolo. Qui le amanti passeggere venivano preparate all’incontro con il poeta.

 

 

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La Stanza del Giglio

La Stanza del Giglio, situata nelle vicinanze della Stanza del Mappamondo, è uno studio-biblioteca contenente circa 3.000 volumi di storia e letteratura italiana. Qui d’Annunzio sostava per ascoltare il suono dell’armonium, suonato da Luisa Baccara. Il nome della stanza deriva dalle decorazioni, realizzate da Guido Marussig, rappresentanti rami di ulivo e gigli fioriti.

 

 

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L’Oratorio dalmata

L’Oratorio dalmata è la stanza che più rimanda al tema del raccoglimento religioso e meditativo, già suggerito nel Vestibolo, rafforzato dalla presenza di boiserie in legno, rivestimenti con tela di sacco, candelabri sacri, incensieri, calici, aspersori, libri di preghiere e immagini sacre. Qui d’Annunzio faceva attendere gli ospiti graditi.

 

 

 

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Lo Scrittoio del Monco

Il percorso prosegue al piano superiore, dove la scritta “Recisa quescit” (tagliata riposa) introduce allo Scrittoio del Monco, una nuova biblioteca di letteratura francese e italiana. Qui il poeta lavorava alla corrispondenza, ed è proprio a questo che fa riferimento la mano mozza apposta all’ingresso e che dà il nome alla stanza: il significato sotteso è l’impossibilità di d’Annunzio a rispondere alle numerose lettere che riceveva quotidianamente. Il tema viene ripreso anche sul soffitto, decorato da Guido Marussig.

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L’Officina

Accanto allo Scrittoio del Monco c’è lo studio del poeta, chiamato l’Officina. Questo spazio veniva utilizzato per la scrittura, la lettura, la ricerca di nuove fonti e per questo motivo è il più luminoso della casa. L’insolito ingresso, che costringe i visitatori ad abbassarsi per accedere alla stanza, invita ad inchinarsi dinnanzi alla grandezza dell’operare. Lo spazio è circondato da scaffalature in rovere chiaro ispirate agli studioli rinascimentali. Qui sono collocati dizionari, vocabolari e volumi frequentemente consultati e annotati dal poeta. Tra i numerosi volumi svetta una copia in gesso in dimensioni ridotte della Nike di Samotracia insieme al calco del ritratto di Eleonora Duse, coperto da una stola in seta ad evocare la sua ” Musa velata”, partecipe delle sue creazioni.

 

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La Stanza della Cheli

Dall’Officina, attraversando il Corridoio del Labirinto – da cui si poteva accedere alla Clausura, uno spazio riservato dove risiedevano Luisa Baccara, la governante Aélis Mazoyer e le ospiti più importanti – si arriva all’ultima stanza della Prioria, la Stanza della Cheli. I colori tenui dell’Officina si trasformano qui in colori forti, in pieno stile déco. Una sala da pranzo che sembra essere una celebrazione della longevità, che porta con sé saggezza e vecchiaia, solo se riscattata dalla frugalità dei modi e dei comportamenti. La Cheli (khélys, in greco), da cui prende il nome la stanza, è la tartaruga in bronzo incastonata nel carapace di una tartaruga morta al Vittoriale per indigestione di tuberose. La scultura è un monito ai commensali, un invito a mangiare, ma con moderazione, tema a cui alludono anche il Buddha grasso e il Buddha magro.

 

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La Sala dei Calchi

Il percorso guidato nella casa del poeta termina nella Sala dei Calchi, prima stanza dello Schifamondo, la nuova ala progettata per l’abitazione del poeta, che anticipa il Museo d’Annunzio Eroe. D’Annunzio non riuscì a vedere questa sala ultimata, ma è ben visibile la sua impronta stilistica. Qui il corpo del poeta fu esposto il 2 marzo 1938 prima dei funerali. Accanto al letto, due Prigioni di Michelangelo e al centro la copia dell’Aurora delle Tombe Medicee di Firenze, mentre altri Prigioni sono collocati sul fronte opposto, in alternanza con le vetrate alabastrine di Pietro Chiesa.

 

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